top of page

RECENSIONE: Il signore della acque (Giuseppe Zucco)

Immagine del redattore: Dalla carta allo schermoDalla carta allo schermo



Autore: Giuseppe Zucco

Editore: Nutrimenti, 2025

Pagine: 192

Genere: Narrativa italiana, Narrativa moderna e contemporanea

Prezzo: € 18.00 (cartaceo), € 9.99 (ebook)

Acquista: Libro, Ebook


 

Trama

L'acqua non piove più, ma si concentra, in un ammasso sempre più pesante e grande, nel cielo. La vita sul pianeta Terra sta per finire, e il bambino protagonista de "Il signore delle acque" deve farci i conti, così come deve affrontare le reazioni degli adulti che, di fronte alla minaccia, sembrano avere perso la ragione. Giuseppe Zucco ha scritto un romanzo distopico che ha il grande pregio di esplorare attraverso gli occhi di un bambino le ragioni profonde della vita e dello stare insieme, anche quando il mondo sembra ormai perduto.


Recensione

La rappresentazione della fine del mondo, sia in letteratura che nel cinema, ha radici profonde. Negli ultimi anni, tuttavia, questo tema ha subito una trasformazione, incorporando le preoccupazioni legate alla crisi climatica. Questa evoluzione ha dato forma a un nuovo genere narrativo, l’eco-distopia, che esplora l’eco-ansia e le paure suscitate dal disastro ambientale. Proprio in questo filone narrativo si colloca questo libro che punta l’attenzione sull’imminenza del disastro e sull’impatto emotivo sulle persone.


Questo romanzo mostra al lettore cosa accade all'umanità di fronte a una catastrofe: chi siamo quando non abbiamo più niente? Quando la sopravvivenza è l’unica cosa che conta? Cosa ci tiene legati agli altri e alla vita stessa? Una storia distopica che assume i contorni di un romanzo di formazione, dove i veli dell’innocenza cadono, permettendo al giovane protagonista di vedere la realtà per ciò che è. Attraverso i suoi occhi si assiste al crollo del mondo esterno e, con esso, alla frantumazione del suo mondo interiore. Un bambino che, nel passaggio dall’infanzia alla disillusione dell’età adulta, scopre il sapore della libertà e l’indifferenza di un mondo ormai al limite della sua ultima notte.


L’apocalisse è arrivata e l’ordine delle cose è saltato. La realtà ha cambiato forma, trasformandosi in qualcosa di sconosciuto, irriducibile a qualsiasi legge rassicurante. Sull'orlo dell'abisso, però, la vera natura delle cose umane si disvela. L’incombere della fine del mondo sgretola ogni maschera e, quando tutto sembra perduto, quando non resta più speranza, proprio in quelle crepe affiora la verità.


Attraverso gli occhi del bambino il nostro sguardo si spalanca e vede il dolore e, al tempo stesso, si difende dalla violenza del mondo, dalla morte. Il ragazzino diventa così la nostra coscienza, spingendoci a chiederci quando, nella nostra infanzia, abbiamo percepito per la prima volta la finitezza del mondo, delle cose, delle nostre vite. Qual è stato lo spartiacque, l’istante in cui ci siamo separati da una parte di noi perduta per sempre, alla quale sarà dolce tornare con il ricordo, per rivivere, anche solo per un istante, l’illusione della felicità. Perché spesso non è la verità che cerchiamo, ma l’illusione che da essa ci protegge.


Il bambino, di fronte al male, è l’unico a vedere ancora il bene scaturire dalle sue fenditure. Laddove tutto sembra aver perso significato, per lui il senso del mondo non è ancora svanito. E allora, anziché essere preda della paura della morte, lasciamoci travolgere dall’ardore della vita.


Fuggendo, il bambino, conosce la realtà del mondo, quello che si dischiude al di là delle pareti rassicuranti e illusorie della sua camera, della sua casa. Al di là delle storie dei pirati e degli indiani, che diventano simulacri dell’innocenza perduta. I luoghi dell’infanzia, con la loro spensieratezza, vengono distrutti dalla potenza devastatrice e purificatrice dell’acqua, e restano solo i fantasmi dei ricordi a depositarsi nell’oscurità degli abissi.


L'altra grande protagonista della storia è l’acqua, dà la vita e la distrugge, rigenera e battezza. Portatrice di vita e di morte.


Nel mondo immaginato dall'autore tutto viene messo sottosopra. Il bambino, collante tra queste due dimensioni, è l’unico a restare aggrappato ai valori che nel mondo degli adulti si sono già dissolti. E insegna loro a continuare a giocare, mentre tutto intorno crolla e sta per essere spazzato via.


Per riassumere, questo romanzo, si distingue per la sua capacità di esplorare l’apocalisse attraverso la lente dell’innocenza infantile. Il protagonista bambino, con la sua percezione acuta e il suo disorientamento, diventa il veicolo perfetto per esaminare le reazioni umane di fronte alla catastrofe. Non avendo ancora gli strumenti razionali o esperienziali per comprendere cosa sta succedendo, il bambino se li costruirà sulla propria pelle nel dipanarsi degli infiniti giorni d’attesa della fine, giorni colmi d’angoscia e di scoperta.


Consiglio questo libro a tutti coloro che cercano un romanzo che lascia il segno, un’opera che costringe a riflettere sulla nostra umanità, sulla nostra capacità di sopravvivenza, sulla nostra resilienza di fronte all’apocalisse.


 

Alcune note su Giuseppe Zucco

Giuseppe Zucco è nato a Locri nel 1981. Lavora in Rai, suoi racconti sono apparsi su Nuovi Argomenti, Nazione Indiana, minima & moralia, Colla e L’inquieto. Ha esordito con un racconto nell’antologia L’età della febbre (minimum fax, 2015). Ha pubblicato il romanzo Il cuore è un cane senza nome (minimum fax, 2017), e due raccolte di racconti, Tutti bambini (Egg, 2016) e I poteri forti (NNE, 2021) con cui ha vinto il Premio Ceppo Racconto.


Comentarios


©2020 di Dalla carta allo schermo.

bottom of page