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Immagine del redattoreDalla carta allo schermo

RECENSIONE: La fatale alleanza. Un secolo di guerre al cinema (David Thomson)

Aggiornamento: 2 ott




Autore: David Thomson

Traduttore: Ludovica Marani

Editore: Jimenez, 2024

Pagine: 448

Genere: Saggi, Cinema

Prezzo: € 24.00

Acquista: Libro


 

Trama

Da uno dei più grandi critici cinematografici viventi, uno sguardo lucido e magistrale su un secolo di battaglie rappresentate sullo schermo e una meditazione sul rapporto spinoso tra guerra e cinema. "La fatale alleanza" non è una semplice cronologia o un’indagine standard sui film di guerra, anche se David Thomson rivolge il suo tipico sguardo penetrante a molti classici del genere e ad alcuni dei suoi film preferiti, da Niente di nuovo sul fronte occidentale a Il ponte sul fiume Kwai fino a Salvate il soldato Ryan. "La fatale alleanza" fa molto di più, esplorando come la guerra e il cinema nel XX secolo siano inestricabilmente legati. I film avevano cominciato a esistere solo all’inizio della Prima guerra mondiale, eppure in meno di un secolo hanno trasformato l’esperienza civile della guerra – e la storia stessa – per milioni di persone in tutto il mondo. Questa realtà è l’enigma morale al centro del libro di Thomson. I film di guerra danno prestigio e sono spesso campioni di incassi; ma c’è qualcosa di problematico nel fatto che gli spettatori apprezzino le rappresentazioni di violenza su larga scala, come Apocalypse Now, Black Hawk Down o persino Star Wars. E cosa dice questa verità su di noi, sulla nostra cultura e sul nostro mutevole senso della guerra e del passato?


Recensione

I nuovi media, e soprattutto la comunicazione via social, hanno modificato radicalmente, in parte rendendolo forse più consapevole e in parte sicuramente anestetizzandolo, il nostro rapporto con la violenza delle immagini provenienti dai teatri di guerra, ormai così numerose, sovrabbondanti e non filtrate né mediate da costituire un veicolo di rimozione collettiva.


In questo contesto assume particolare rilevanza questo saggio dello stesso autore de La formula perfetta. Una storia di Hollywood (recensito qui) che si caratterizza come una voluminosa riflessione sulla seduzione e al tempo stesso sull’effetto di repulsione provocato da cento anni di film a sfondo bellico.


Questo volume parla tanto di guerra quanto degli atteggiamenti dei “non combattenti” nei suoi confronti. Secondo il critico cinematografico vi è una tensione in tutti i film di guerra tra il pericolo vivido sullo schermo e la nostra pudica sicurezza dell’oscurità della sala cinematografica. Quando si entra in un cinema si abbandona il senso di responsabilità

.

Durante la seconda guerra mondiale il cinema tedesco e americano sfornano propaganda pellicole di propaganda e storie d'amore sdolcinate. Nel nuovo continente i registi si sono messi a mostrare come è realmente la battaglia solamente quando l’ondata di vittoria si è affievolita. Basti pensare a Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg e  la sua sequenza sulla spiaggia di Omaha. Vi è pero anche da dire che l’attrazione esercitata da immagini che, a forza di calcare la mano sull’eccitazione, finiscono per descrivere la guerra come una specie di esercizio videoludico hanno un effetto collaterale:  il regista avrebbe voluto esprimere tutto il proprio e definitivo orrore per la mai giustificabile atrocità della guerra,  invece il suo lavoro è diventato uno sponsor per l’arruolamento di giovani matricole desensibilizzate da schermi  che li inducono a confondere realtà e videogiochi. 


 Altre pellicole come 1917 di Sam Mendes o Dunkirk di Christopher Nolan propongono una realtà artificiosa senza restituire la natura feroce della guerra e per questo sono fonti di esaltazione e incoraggiamento.


Un film, invece, che l’autore apprezza per lo spirito pacifista e per la capacità di far percepire la sadica crudezza del conflitto pur non mostrandolo è La vita e niente altro di Bertrand Tavernier.


In questo libro l’autore parla anche del suo passato di quando, da bambino, ha assistito ai bombardamenti di Londra durante la Seconda Guerra Mondiale. La casa di dello scrittore si trovava vicina a un obiettivo, una stazione ferroviaria, e le bombe caddero lì accanto, rendendo la sua sua casa inagibile. Allo stesso tempo il noto critico cinematografico è cresciuto con i sopravvissuti alla guerra, da uno zio il cui corpo è rimasto distrutto ad un altro parente che è stato al fronte durante La Grande Guerra.


 Ciò che forse manca in questo saggio è la sezione dedicata a chi è tornato dal conflitto e cerca di sopravvivere anche se, se ci si riflette bene, non è una pecca del volume in quanto esso si concentra sulla relazione tra cinema e guerra, sullo spettacolo di quest’ultima e non sulle ripercussioni durature o transitorie, spesso di natura psicologica, da cui è affetto chi vi abbia preso parte. Nonostante ciò, il tema viene comunque sfiorato.


Un testo consigliato agli studenti e agli amanti del cinema e a tutte quelle persone che vogliono approfondire il rapporto tra la settima arte il conflitto bellico.


 

Alcune note su David Thomson

David Thomson è autore di oltre venticinque libri, tra cui The Biographical Dictionary of Film, le biografie di Orson Welles e David O. Selznick, e il pionieristico romanzo Suspects, popolato da personaggi del cinema. Vive a San Francisco.


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