Autore: Jean-Pierre Luminet
Traduttore: Daniele Petruccioli
Editore: La Lepre Edizioni, 2017
Pagine: 272
Genere: Saggi, Scienza
Prezzo: € 22.00
Acquista: Libro
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Trama
All’alba del 1400 Tamerlano con le sue orde devasta l’Asia centrale. Città distrutte, stragi, deportazioni. Circa trent’anni dopo, nel 1429, suo nipote Ulug Bek, re astronomo e poeta, inaugura a Samarcanda il più grande osservatorio del mondo, dedicato alla pace e alla conoscenza dell’universo. La città è divenuta il faro d’Oriente: ha la più grande università dei suoi tempi, una scuola Sufi che irradia spiritualità, ed è attraversata da carovane ricchissime nel loro grande viaggio attraverso le terre conosciute. Un breve periodo di prosperità, prima e dopo il quale il mondo si abbandona a intrighi di palazzo, guerre e saccheggi. Seguendo il percorso del re saggio e dei grandi scienziati che lo accompagnano nella realizzazione del suo sogno, facciamo i conti con il lato migliore dell’umanità e con quello peggiore. Con la consapevolezza che anche se una battaglia si perde, alla fine la luce della conoscenza non può che prevalere.
Recensione
L'autore scrive un bel libro sul personaggio di Uluğ Bek, principe dell'impero mongolo, studioso e poeta.
Uluğ Bek (1394-1449) è il nipote di Timur, conquistatore brutale e spietato conosciuto ai più con il nome di Tamerlano, che ha seminato il terrore ovunque, inondando di sangue l'India, la Cina, l'Iran, l'Afghanistan, la Russia e molti altri luoghi, fino alle sponde del Mar Nero. Alla sua morte, la corona passa al figlio Shah Rukh Mirza (1377-1447), che è l'artefice del “Rinascimento timuride”, un'epoca brillante, purtroppo effimera, in cui arte, scienza e cultura fioriscono in terra musulmana, a Herat (Afghanistan) e Samarcanda (Uzbekistan).
Nulla, però, sarebbe stato possibile senza Goharshad (1378-1457), la moglie preferita di Timur che ha esercitato una grande influenza sulla politica; è stata lei a permettere il fiorire di una corte raffinata e a trasmettere il gusto per la conoscenza ai suoi due figli, Uluğ Bek e Baysunghur (1399-1433).
Quando compie sedici anni e suo padre regna saldamente a Herat, Uluğ Bek riceve il potere sulla Transoxiana. La sua ambizione non è tanto la conquista dei territori quanto quella della scienza. Le passioni della sua vita sono l'astronomia e la bellissima città di Samarcanda che vuole promuovere. Nel 1424 inizia la costruzione di un osservatorio sostenuto da una madrasa e riunisce un brillante gruppo di studiosi, tra cui il suo maestro Qadi-ZadehRumi (1364-1436) e Ghiyathad-DinJamshid (1380-1429), noto come Al-Kashi.
All'inizio del XV secolo, Samarcanda, allora il centro intellettuale più importante del mondo, ospita settanta scienziati intenti a scrutare il cielo. Alla loro testa, e con l'aiuto di strumenti giganteschi, Uluğ Bek, stila un catalogo di circa mille stelle, con una precisione paragonabile a quella di Tycho Brahe.
Nel 1447, alla morte del padre, Uluğ Bek eredita l'impero. Purtroppo per solo due anni in quanto la sua testa viene tagliata dai fanatici che obbediscono a suo figlio, Mirza Abdulatif (1420-1450). L'osservatorio viene raso al suolo molto più tardi. Tuttavia, Al-Qushji (1403-1474), collaboratore del principe, fugge a Istanbul dove dona una copia del catalogo a Mehmet II. Il sultano riesce a pubblicarla sotto il nome di Tabelle sultaniali.
L'astrofisico precisa nella sua postfazione che questo volume non è un saggio storico, bensì un romanzo. In altre parole, si permette la creazione di situazioni fittizie per le esigenze del racconto. Chiarite le cose, non è possibile alcuna critica in merito in quanto equivale a limitare la libertà dell'artista. Si possono però criticare due scelte. Prima l'invenzione di un certo Samuel Cresques, che si suppone incarni il figlio del grande cartografo maiorchino del XIV secolo , Abraham Cresques, presunto creatore del magnifico Atlante catalano . L'unico utilizzo di questo personaggio immaginario è quello di stabilire un collegamento tra la tragica fine di Uluğ Bek e l'annientamento della scuola di cartografia di Palma di Maiorca dove lavorano scienziati ebrei. Purtroppo questi drammatici eventi sono menzionati solo in un brevissimo brano. Un secondo dispiacere riguarda lo scenario immaginato per la morte di Al-Kashi. È vero che questo studioso scompare, molto probabilmente nel 1429, in circostanze misteriose, il che è una benedizione per un romanziere che ha quindi completa libertà di costruire ipotesi. In questo libro, lo studioso viene decapitato dal figlio fondamentalista di Uluğ Bek, in seguito a uno dei suoi discorsi apparentemente eliocentrici. Tuttavia, per quanto ne sappiamo, nessuno storico afferma che Al-Kashi ha professato il movimento della Terra. Supponiamo però il contrario, ammettiamo anche che la sua esecuzione sia dovuta a questa convinzione, allora il lettore è naturalmente portato a paragonare l'uccisione di Al-Kashi alla messa agli arresti domiciliari che ha colpito Galileo.
Tre appendici biografiche alla fine dell'opera sono essenziali per la lettura: la prima e la seconda riguardano gli studiosi precedenti e contemporanei diUluğ Bek, l'ultima riporta i principi e i sovrani che compaiono nel romanzo, classificati in ordine cronologico, da Genghis Khan a Mehmet II.
La scrittura leggera e lo stile elegante dello scrittore rendono la lettura piacevole. Raccontando la storia delle scienze fin dall'antichità greca, introduce il lettore alle vicende delle corti orientali e ai loro intrighi.
Un ottimo libro che consiglio a tutti coloro che vogliono apprendere la storia di uno scienziato poco conosciuto.
Alcune note su Jean-Pierre Luminet
Jean-Pierre Luminet nasce a Parigi nel 1951. Astrofisico, romanziere e poeta, lavora all’Osservatorio di Meudon ed è direttore di ricerca al CNRS. Nel 2007 ha vinto il Prix europèen de la communication scientifique. Oltre a La parrucca di Newton è autore di Finito o infinito? (Raffaello Cortina Editore, 2006), L’invenzione del big bang (Dedalo, 2006), La segreta geometria del cosmo (Raffaello Cortina Editore, 2004) e Buchi Neri (Marco Nardi Editore, 1992).
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